Le mammelle

Le mammelle sono organi costituiti da cute, tessuto adiposo e ghiandola mammaria. All’interno del tessuto ghiandolare sono presenti lobi all’interno dei quali viene prodotto il latte che attraverso i dotti fuoriesce dal capezzolo. 

I tumori della mammella possono essere di natura benigna (fibroadenoma) o maligna (carcinoma). 

Il fibroadenoma è una condizione caratterizzata da una crescita anomala delle cellule del tessuto mammario; la crescita però rimane localizzata e non mette in pericolo la vita delle pazienti. Ovviamente il fibroadenoma deve essere tenuto sotto controllo e asportato chirurgicamente se cresce di volume. 

Il carcinoma, invece, è un tumore maligno che si sviluppa a causa della crescita incontrollata delle cellule dei lobi (carcinoma lobulare) o dei dotti (carcinoma duttale). 

Ci sono tuttavia altre forme di carcinoma mammario meno frequenti e che si sviluppano in altre sedi della mammella. 

Il tumore della mammella non sempre rimane localizzato a livello mammario ma può progredire e diffondersi innanzitutto ai linfonodi ascellari poi a quelli sopraclaveari, sottoclaveari e mediastinici. Dai linfonodi la neoplasia può ulteriormente diffondere e andare a metastatizzare altri organi. Gli organi dove più frequentemente possono localizzarsi le metastasi sono le ossa, il fegato, i polmoni, la pelle e il cervello. 

Epidemiologia 

Si stima che in Italia nel 2019 verranno diagnosticati circa 53.000 nuovi casi di carcinoma della mammella. 

Il carcinoma mammario è la neoplasia maligna più diagnosticata nelle donne rappresentando circa il 40 % di tutti i tumori diagnosticati nelle donne di età compresa tra 0 – 49 anni, il 35 % nelle donne tra 50 – 69 anni e il 22 % nelle donne con più di 70 anni. 

Il rischio di ammalarsi di tumore alla mammella per una donna giovane è di 1/40, nelle donne adulte è di 1/20 mentre nelle donne anziane è di 1/25.  

Il trend di incidenza appare leggermente in aumento (+ 0,3 %) rispetto gli anni precedenti. Questo aumento molto probabilmente è spigato anche dal fatto che i mezzi diagnostici si sono affinati. 

La sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi in Italia è pari all’87 % mentre a 10 anni è pari all’80 %. La percentuale è leggermente migliore nelle donne giovani e adulte rispetto le anziane. 

Anche nel 2016 in Italia, le neoplasie della mammella rappresentano nelle donne la prima causa di morte per tumore con oltre 12.00 decessi annui.  

Il tasso di mortalità, tuttavia, risulta in riduzione e tra i fattori che hanno contribuito a tale miglioramento vanno citati sicuramente la migliore adesione ai programmi di screening, il maggior numero di opzioni terapeutiche e i progressi delle terapie stesse. 

I numeri del cancro 2019 – Gruppo di Lavoro AIOM,  AIRTUM, FONDAZIONE AIOM 

Prognosi 

La prognosi, ossia la previsione sul decorso e l’esito della malattia, e le percentuali di sopravvivenza sono poco influenzati dalla situazione fisiologica della donna (età, stato ormonale, lo stato di gravidanza): una donna di 30 anni infatti può avere una prognosi peggiore di una di 50 anni. 

I fattori prognostici più importanti risultano essere: 

  • lo stato del tumore 
  • le dimensioni 
  • la sua estensione ai linfonodi e il numero di quelli compromessi 
  • il tipo istologico 
  • l’adeguatezza del trattamento primario.  

Ad esempio, nelle donne senza linfonodi coinvolti la sopravvivenza è del 80 – 85 % mentre se sono coinvolti allora questa scende al 25 – 40 %. La prognosi è ulteriormente aggravata se i linfonodi ascellari istologicamente positivi sono più di tre (sopravvivenza 15 – 25 %) e più di dieci (sopravvivenza 10 %). 

Fattori di rischio ed eziologia 

I fattori di rischio più consolidati sono rappresentati da: 

  • Anamnesi personale di carcinoma mammaria 
  • Iperplasia atipica della mammella 
  • Storia familiare di neoplasia della mammella, specie se si tratta di parenti di primo grado
  • Storia familiare di carcinoma dell’endometrio e dell’ovaio o della prostata
  • Predisposizione genetica: i geni coinvolti sono il BRCA-1 e BRCA-2 che se mutati sono responsabili del 50% delle forme ereditarie di carcinoma della mammella
  • Età: nelle donne con età inferiore a 49 anni la probabilità di ammalarsi di cancro è del 2,4 %, probabilità che aumenta al 5,5 % nelle donne con più di 50 anni. Questa associazione con l’età potrebbe essere legata al continuo stimolo endocrino che subisce l’epitelio mammario col passare degli anni, unito al progressivo danneggiamento del DNA
  • Gli studi scientifici hanno messo in evidenza che anche gli ormoni possono essere implicati nell’eziologia del tumore. È stato osservato che nelle condizioni in cui aumenta l’esposizione agli estrogeni (menarca precoce, menopausa tardiva), il rischio di sviluppare la neoplasia è maggiore. Questo perché gli estrogeni influenzano direttamente la crescita dell’epitelio mammario
  • L’impiego prolungato nel tempo di contraccettivi chimici per via orale soprattutto ad alto dosaggio di estrogeni e soprattutto nelle donne giovani. L’entità del rischio è certamente minore se i prodotti usati hanno un micro dosaggio di estroprogestinici
  • La terapia ormonale sostitutiva a dosi moderatamente elevate in post-menopausa, specie se la donna possiede altri fattori di rischio come l’aumento di peso
  • Lo stile di vita, come l’alimentazione scorretta, lo scarso movimento e l’obesità. 

Prevenzione 

Poiché il livello di estrogeni circolanti rappresenta il principale fattore chiave nell’eziologia del carcinoma mammario, per prevenire tale patologia è importante cercare di mantenere normale tale produzione. Questo è possibile innanzitutto tenendo nella norma il peso corporeo nel corso della vita, poichè la maggior parte degli estrogeni viene prodotto nel tessuto adiposo. Se la produzione di estrogeni aumenta eccessivamente a causa del sovrappeso e obesità aumenta di conseguenza anche lo stimolo sulla ghiandola mammaria e il rischio che le cellule vadano incontro ad alterazioni. 

Un ruolo preventivo importante lo hanno anche lo stile di vita e la corretta alimentazione: si consiglia di non fumare, ridurre il consumo di alcool, grassi saturi, soia (per l’elevato contenuto in fitoestrogeni) e aumentare il consumo di crucifere, il movimento e l’attività fisica. 

Risulta molto utile anche l’allattamento al seno in modo tale da evitare fluttuazioni nella produzione degli ormoni sessuali ma anche per favorire il completo sviluppo e maturazione delle cellule dell’epitelio mammario. 

Tipologie e classificazione 

Il cancro alla mammella, sulla base di differenze istologiche, di diffusione e di espressione di recettori, è possibile classificarlo in diverse tipologie. La tipologia di carcinoma è importante nel determinare la scelta terapeutica, la risposta al trattamento e la prognosi. 

Secondo la World Health Organization, il tumore della mammella si divide in quattro gruppi principali in base alle caratteristiche istologiche. 

  • Carcinoma duttale: è la forma più frequente che si sviluppa a livello de dotti mammari 
  • Carcinoma lobulare: si sviluppa a livello dei lobuli mammari. 

Entrambi possono presentare due forme:  

  • Una non invasiva (carcinoma in situ)  
  • una invasiva (carcinoma infiltrante) 

Il carcinoma duttale e lobulare

Il carcinoma duttale in situ, nonostante sia una forma non invasiva e non aggressiva, tende a riformarsi frequentemente ed evolversi in un carcinoma infiltrante. 

Il carcinoma lobulare in situ è una lesione occasionale, poco frequente, che spesso è associata ad altre lesioni mammarie, invasive e non. Nella maggior parte dei casi il carcinoma lobulare in situ è bilaterale ossia si sviluppa in entrambe le mammelle e, proprio come il duttale, presenta il rischio di evolversi in un carcinoma infiltrante. 

Il carcinoma duttale invasivo è la forma più frequente, rappresentando circa il 70-80 % di tutte le forme di tumore al seno. In questo tumore i margini della neoplasia sono infiltranti infatti il riscontro di invasione dei vasi linfatici e metastasi ascellari è molto frequente.  

Il carcinoma lobulare infiltrante è meno frequente del duttale e rappresenta circa il 10-15 % di tutte le forme di carcinoma mammario. Può comparire in entrambe le mammelle oppure in più punti della stessa mammella. 

In base all’evoluzione, il tumore al seno viene classificato in 5 stadi:  

  • Stadio 0 è il carcinoma in situ
  • Stadio 1 è un tumore nella fase iniziale con un diametro inferiore a 2 cm e senza coinvolgimenti di linfonodi
  • Stadio 2  è un tumore nella fase iniziale con un diametro inferiore a 2 cm che però ha già coinvolto i linfonodi ascellari
  • Stadio 3 è un tumore localmente avanzato, di dimensione variabili e che ha coinvolti i linfonodi ascellari oppure organi vicini come la pelle
  • Stadio 4 è un tumore che ha metastatizzato ossia ha coinvolto altri organi al di fuori del seno 

Il tumore al seno viene suddiviso in diverse tipologie anche in base all’espressione sulle cellule tumorali di alcuni recettori ossia proteine in grado di legare dei bersagli come ad esempio ormoni o fattori di crescita. Il legame di questi bersagli ai recettori stimola la cellula a duplicarsi, quindi più sono abbondanti e maggiore sarà la capacità del tumore di crescere ed evolvere. 

Sulla base dei recettori espressi sulle cellule, i tumori sono definiti: 

  • ER positivi se presentano una quantità elevata di recettori per gli estrogeni. 
  • PGR positivi se presentano recettori per il progesterone. 
  • HER-2 positivi se presentano recettori per il fattore di crescita epidermico umano di tipo 2.  
  • Triplo negativo se non presenta nessuno dei tre recettori precedenti. 

I tumori ER, PGR e HER-2 positivi sono quelli con la prognosi migliore, anche grazie alle maggiori possibilità terapeutiche. Nonostante siano le forme meno pericolose responsabili di una lunga sopravvivenza delle pazienti, possono comparire recidive anche a distanza di molti anni. 

I tumori triplo negativi hanno invece una prognosi peggiore determinata soprattutto dal fatto che le terapie sono più limitate. 

Sintomi 

I sintomi iniziali del carcinoma mammario sono rari. Occasionalmente si può avvertire: 

  • pesantezza della mammella 
  • dolore vertebrale dovuto alla presenza di una metastasi ossea 

Il segno più comune, invece, che viene scoperto dalle pazienti, è la presenza di un nodulo mammario, duro, non dolente e molto più raramente può essere presente secrezione, erosione e retrazione del capezzolo. 

Diagnosi 

La diagnosi dovrebbe basarsi innanzitutto sull’esame obiettivo della mammella e delle stazioni linfonodali regionali. Se il sospetto permane si procede con esami strumentali come l’ecografia mammaria e la mammografia. Dopo che il sospetto è stato confermato dall’esame radiologico si procede con il prelievo del materiale (biopsia) per l’accertamento istologico sul grado di malignità o benignità. Esistono infatti una serie di lesioni benigne che devono essere prese in considerazione per la diagnosi differenziale; queste condizioni sono ad esempio il fibroadenoma e la mastopatia fibrocistica. 

L’impiego di altri esami radiologici, come la radiografia, scintigrafia, risonanza magnetica o TAC, costituisce un mezzo diagnostico fondamentale per lo studio delle metastasi. 

Fra gli esami di laboratorio è utile dosare periodicamente, tramite prelievo ematico, i valori di fosfatasi alcalina, calcemia, calciuria, marcatori tumorali (CEA, CA e MCA). 

Infine, per conoscere la natura ormonale, sul tessuto neoplastico del tumore primitivo ed eventualmente delle recidive devono essere determinati i recettori ormonali (ER e PGR) e il recettore per il fattore di crescita epidermico umano di tipo 2 (HER-2). 

 Terapia

Le possibili terapie per il trattamento del carcinoma mammario sono la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia e la terapia ormonale; la scelta sul tipo di trattamento più adatto varia a seconda del tipo di tumore e dello stadio della malattia. 

Se il carcinoma è localizzato e di dimensioni limitate (inferiore a 2-3 cm) si procede con un intervento di chirurgia conservativa, come la quadrantectomia che consiste nella rimozione del quadrante della mammella dove è localizzato il tumore. Nella maggior parte dei casi, successivamente all’intervento, la mammella residua viene irradiata con radioterapia postoperatoria. 

Durante l’intervento, per vedere se sono stati coinvolti anche i linfonodi ascellari, si può decidere di rimuovere il linfonodo sentinella. Se all’analisi microscopica il linfonodo sentinella risulta privo di cellule tumorali, gli altri vengono conservati; nel caso contrario si procede con lo svuotamento ascellare, ossia con la rimozione dei linfonodi presenti nel cavo ascellare.  

Nel caso di recidive locali oppure quando il tumore primario ha dimensioni maggiori di 4 cm si ricorre ad un intervento di mastectomia che consiste nell’asportazione di tutta la ghiandola mammaria. Solitamente la mastectomia non è seguita dalla radioterapia. 

La radioterapia

La radioterapia nel trattamento del carcinoma mammario viene impiegata principalmente a livello postoperatorio e nel trattamento delle metastasi. La radioterapia postoperatoria viene eseguita circa due settimana dopo l’intervento di chirurgia conservativa e ha lo scopo di sterilizzare piccoli residui tumorali e diminuire il rischio di ricaduta loco-regionale. 

Per le forme più estese di carcinoma mammario è prevista la chemioterapia. Il trattamento chemioterapico può essere neoadiuvante, ossia prima dell’intervento chirurgico, e ha lo scopo di ridurre la massa tumorale, oppure adiuvante cioè dopo l’intervento e ha lo scopo di eliminare le cellule rimaste. In entrambi i casi la polichemioterapia, ossia l’associazione di più farmaci chemioterapici, risulta essere più efficace rispetto la monochemioterapia. I farmaci maggiormente impiegati sono le antracicline (doxorubicina ed epirubicina), i taxani (paclitaxel e docetaxel), la ciclofosfamide, il carboplatino e il 5-fluorouracile. Per le forme più avanzate si ricorre anche ad altri farmaci: vinorelbina, capecitabina, gemcitabina ed eribulina. 

La terapia ormonale

Un’altra importante terapia adiuvante è la terapia ormonale che è indicata per i tumori ormonoresponsivi ossia quelli che presentano cellule con recettori per il progesterone e per gli estrogeni (ER e PgR positivi). Questa terapia, solitamente della durata di 5 anni, ha lo scopo di impedire la ricomparsa del tumore. I farmaci maggiormente impiegati sono gli inibitori dell’aromatasi (letrozolo, anastrozolo, exemestane) che agiscono andando a bloccare la produzione degli ormoni sessuali e gli antiestrogenici (tamoxifene e fulvestrant) che invece agiscono andando a bloccare la loro azione sulle cellule tumorali. Il tamoxifene è il farmaco di prima linea per le donne in pre-menopausa, gli inibitori dell’aromatasi per le donne in post-menopausa e il fulvestrant per le donne in post-menopausa che hanno già fatto altra terapia ormonale. 

Tra i farmaci di ultima generazione rientrano le terapie a bersaglio molecolare. Gli anticorpi monoclonali più utilizzati per il trattamento del carcinoma della mammella sono il trastuzumab, pertuzumab e il bevacizumab. I primi due sono specifici per i tumori HER-2 positivi e agiscono andando a bloccare la produzione della proteina HER-2 che stimola le cellule a moltiplicarsi; il terzo invece è specifico per i tumori HER-2 negativi e agisce andando a bloccare il processo di angiogenesi bloccando quindi il rifornimento di sangue e ossigeno al tumore. Altri farmaci a bersaglio molecolare impiegati nel trattamento del carcinoma mammario sono everolimus, palbociclib, ribociclib, lapatinib. 

Nelle pazienti con tumore triplo negativo (ER, PgR e HER-2 negativo) l’unico trattamento possibile, a parte l’intervento e la radioterapia, è la sola chemioterapia poiché mancano i bersagli per le altre terapie.