Le ovaie sono due ghiandole che fanno parte dell’apparato riproduttivo della donna e che si trovano una a destra e una a sinistra dell’ovaio. Le ovaie hanno innanzitutto una funzione riproduttiva: le cellule germinali producono infatti ovociti, ossia cellule riproduttive femminili che dopo essere state prodotte attraversano le tube di Falloppio e migrano all’utero dove vengono fecondate e danno origine a un feto. Le ovaie hanno anche una funzione endocrina: producono ormoni sessuali femminili come estrogeni e progesterone. 

I tumori dell’ovaio possono essere benigni, ad esempio la cisti ovarica, che non si diffondono oltre l’ovaio e possono essere trattati rimuovendo la parte dell’ovaio che contiene il tumore oppure l’ovaio intero. Ci sono poi i tumori maligni, come il carcinoma ovarico, che sono dati dalla proliferazione incontrollata delle cellule ovariche e che possono andare a diffondersi anche in altre parti del corpo. 

Il carcinoma ovarico può diffondere alle altre parti del corpo per via ematica, linfatica e peritoneale. La via peritoneale rappresenta il modo di diffusione principale, infatti, il peritoneo è la più comune sede di metastasi (90% dei casi). In meno del 10% dei casi le metastasi si localizzano a livello polmonare, epatico, cerebrale e osseo.  

Epidemiologia 

In Italia il cancro ovarico rappresenta circa il 30% di tutti i tumori maligni dell’apparato genitale femminile e occupa il decimo posto tra tutti i tumori femminili (3%). Le forme epiteliali, che sono le più frequenti, hanno un’incidenza del 60% e colpiscono le donne sia in età riproduttiva sia in età avanzata, mentre i tumori germinali colpiscono soprattutto le donne in età riproduttiva (soprattutto al di sotto dei 20 anni). 

Attualmente in Italia le donne affette da carcinoma ovarico sono circa 51.000 e si tratta soprattutto di donne nella fascia di età 60-74 anni. 

Nel 2019 sono attesi circa 5.200 nuovi casi di tumore all’ovaio.  

Si stima che il rischio di sviluppare un tumore dell’ovaio nell’arco della vita di una donna sia di 1 su 82. 

Nel 2016 i decessi per tumore dell’ovaio in Italia sono stati 3.260. Il tumore all’ovaio rappresenta la 5° causa di morte oncologica nelle donne di età 50-69 anni. Si stima, infine, che il rischio di morire per un tumore dell’ovaio nell’arco della vita sia di 1 su 112. 

La sopravvivenza a 5 anni delle donne con tumore dell’ovaio in Italia è pari al 40 % mentre quella a 10 anni è pari al 31 %. 

In italia sono circa 51.000 le donne che vivono con pregressa diagnosi di tumore all’ovaio. 

I numeri del cancro 2019 – Gruppo di Lavoro AIOM,  AIRTUM, FONDAZIONE AIOM 

Prognosi 

I fattori che influenzano la prognosi del carcinoma ovarico, ossia il decorso della malattia, sono i seguenti: stadio clinico, tipo istologico, grado istologico, età, malattia residua dopo chirurgia. Più questi fattori sono sfavorevoli e peggiore sarà la prognosi delle pazienti con una minore probabilità di sopravvivenza. 

I fattori prognostici più importanti sono: 

  • Grado istologico: è stato stimato che circa il 90% dei casi G1 sopravvive a 5 anni, mentre tale sopravvivenza scende al 75% nei casi G2 e G3. Inoltre, le pazienti con masse residue dopo intervento superiori ai 2 cm hanno una sopravvivenza di gran lunga inferiore rispetto a quelle con malattia residua minima. 
  • Stadio clinico, ossia l’avanzare della patologia: la sopravvivenza a 5 anni delle pazienti con malattia allo stadio IV è pari al 10%. Questa percentuale aumenta al 20-40% per lo stadio III, al 50-60% per lo stadio II e 70-90% per lo stadio I. 
  • Tipo istologico: dal punto di vista istologico, gli istotipi con la prognosi peggiore sono quello mucinoso e quello a cellule chiare  poiché è associati ad una ridotta risposta alla terapia farmacologica. 
  • Età: nelle donne giovani la sopravvivenza a 5 anni è maggiore rispetto a quelle con età compresa tra 40-59 anni che a loro volta hanno una maggior sopravvivenza rispetto le donne di età compresa tra 60-69 anni. 

Fattori di rischio ed eziologia 

Non esiste un’unica causa per lo sviluppo del tumore all’ovaio ma ci sono diversi fattori di rischio che aumentano la probabilità di svilupparlo: 

  • Innanzitutto, il rischio di sviluppare il carcinoma ovarico aumenta con l’età. La maggior parte dei tumori ovarici, infatti, si sviluppa dopo la menopausa. 
  • Il rischio è aumentato anche dal menarca precoce e dalla menopausa tardiva. 
  • La familiarità, ossia la presenza in famiglia di altri tumori ovarici, è un fattore di rischio; questo tumore, infatti, presenta una predisposizione genetica: mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2 predispongono al carcinoma dell’ovaio. Non è solamente la familiarità per tumore ovarico ad aumentare il rischio, ma anche la familiarità per tumore alla mammella e al colon-retto poiché sono tumori che possono essere causati dalla stessa mutazione nei geni BRCA. Sempre per lo stesso motivo, anche una precedente storia personale di tumore alla mammella rende la paziente più a rischio di sviluppare un carcinoma ovarico. È importante ricordare che la presenza della mutazione BRCA o l’esistenza in famiglia di altri casi di tumore all’ovaio/mammella non dà la certezza di ammalarsi, ma solo che si ha un rischio più elevato rispetto alla popolazione generale. 
  • Lo stile di vita, il fumo, l’alimentazione scorretta, l’obesità e lo scarso movimento hanno un’influenza negativa. 

Gravidanze multiple, allattamento e uso di contraccettivi orali, invece, riducono il rischio di sviluppare una neoplasia ovarica. La riduzione del rischio persiste anche dopo molti anni l’aver interrotto la pillola anticoncezionale.  

Prevenzione 

Sebbene non esistano azioni specifiche per prevenire il cancro ovarico, ci sono alcuni comportamenti preventivi che le donne dovrebbero adottare soprattutto per poter fare diagnosi precoce:  

  • Effettuare una visita ginecologica annuale con esecuzione di visita pelvica ed ecografia transvaginale  
  • L’utilizzo della pillola anticoncenzionale ha un effetto protettivo sulle ovaie, soprattutto nelle donne che ne fanno uso da diversi anni. Poiché è un farmaco con dei rischi (soprattutto sul tessuto mammario) ed effetti collaterali, la scelta di prendere contraccettivi orali a scopi preventivi andrebbe valutata attentamente con il proprio medico. 
  • In caso di storia familiare di carcinoma ovarico e mammario si potrebbe optare alla rimozione delle ovaie e dell’utero. Questa alternativa viene proposta solo alle donne con più di 40 anni che non hanno più intenzione di avere figli e dopo aver valutato attentamente con il medico tutti i rischi e benefici che comporta tale rimozione.  
  • Se la storia familiare suggerisce che il rischio di sviluppare un carcinoma ovarico è alto, si potrebbe prendere in considerazione l’idea di eseguire il test genetico per identificare la mutazione del gene BRCA1 e BRCA2. Sapere di avere tale mutazione può essere molto utile per attuare strategie di prevenzione o diagnosi precoce. 

Altre misure preventive importanti sono: 

  • adottare uno stile di vita sano 
  • seguire un’alimentazione equilibrata 
  • fare attività fisica 

 

Tipologia e classificazione 

Secondo la World Health Organization i tumori maligni dell’ovaio si dividono in base alla diversa origine istologica in 

  • Epiteliali. Il 90% delle neoplasie ovariche maligne è rappresentato da tumori epiteliali che originano dalle cellule epiteliali che rivestono la superficie dell’organo. I tumori epiteliali più comuni sono il tumore sieroso, mucinoso, endometrioide, a cellule chiare, a cellule transizionali, a cellule squamose.   
  • Germinali. Circa il 5% delle neoplasie è rappresentato da tumori germinali che si sviluppano dalle cellule che danno origine agli ovuli. I tumori germinali sono tipici delle donne giovani e si differenziano dagli altri due tipi per la produzione di marcatori tumorali (alfafetoproteina e gonadotropina corionica) diversi da quelli prodotti dagli altri tumori. I tumori germinali sono il tumore a cellule germinali immature e a cellule germinali mature. 
  • Stromali. Il 4% nelle neoplasie ovariche maligne è rappresentato dai tumori stromali che originano dallo stroma gonadico, ossia il tessuto di sostegno dell’organo. Si tratta di tumori con un basso grado di malignità e diffusione quasi esclusivamente locale. Quelli epiteliali sono il tumore della granulosa, a cellule del Sertoli-Leydig, dei cordoni sessuali e a cellule steroidee 

Tutte queste neoplasie, soprattutto le epiteliali, possono essere presente in forma benigna, borderline (a bassa potenzialità maligna) e maligna. 

In base allo stadio di invasione, il tumore dell’ovaio si suddivide in quattro stadi. Si parla di: 

  • stadio I quando il tumore è limitato alle ovaie (una o entrambe) 
  • stadio II quando c’è estensione pelvica 
  • stadio III quando c’è estensione fuori dalla pelvi e/o metastasi ai linfonodi retro-peritoneali 
  • stadio IV quando ci sono metastasi a distanza. 

Sintomi 

Il carcinoma ovarico si sviluppa senza una sintomatologia ben definita. Nella maggior parte dei casi nelle fasi iniziali della malattia, questo tipo di tumore non dà sintomi. Quando lo stadio è invece più avanzato possono comparire sintomi come: 

  • dolore nella regione lombare 
  • alterata funzionalità intestinale 
  • dolore e gonfiore addominale 
  • perdita di appetito 
  • aumento di peso  
  • difficoltà digestive. 

È importante tenere presente che questi sintomi sono aspecifici, infatti possono essere causati anche da altre condizioni patologiche non cancerose. 

Diagnosi 

Nella maggior parte delle pazienti la diagnosi viene effettuata quando la malattia è in fase avanzata, quindi quando sono presenti dei sintomi. Gli stadi precoci di malattia si diagnosticano di solito accidentalmente durante un controllo ginecologico.  

La diagnosi si effettua innanzitutto mediante esame pelvico. Durante l’esame pelvico il ginecologo sente l’ovaio e l’utero valutandone la consistenza, le dimensioni e la forma. Con l’esame pelvico è difficile diagnosticare tumori in uno stadio precoce. Tra gli esami strumentali, di estrema importanza è l’ecografia transvaginale attraverso la quale è possibile osservare le ovaie ed identificare eventuali masse. L’ecografia, però, è in grado di predire solamente in parte se la massa è benigna o maligna. La conferma deve venire dalla biopsia ed esame istologico. 

Oltre alla visita ginecologica può essere utile dosare due marcatori tumorali (CEA e CA125), ossia proteine che circolano nel sangue e i cui livelli aumentano in caso di carcinoma ovarico. È necessario tenere conto del fatto che potrebbero aumentare anche in condizioni non neoplastiche come endometriosi, infiammazione pelvica, epatopatie e pancreatite. Questi marcatori risultano essere più utili durante il monitoraggio della malattia piuttosto che per la diagnosi. 

Altri esami strumentali utili per la diagnosi, soprattutto per l’identificazione delle metastasi, sono la TAC, addome, la PET e la risonanza magnetica. 

Terapia  

La chirurgia rappresenta un’importante opzione nella programmazione terapeutica. L’intervento varia a seconda di quanto è diffuso il tumore e può essere radicale, conservativo, palliativo o esclusivamente esplorativo. Nelle donne con malattia in fase iniziale, giovani e desiderose di avere figli si procede con un approccio conservativo, ossia si rimuove un solo ovaio conservando l’ovaio controlaterale, la tuba e l’utero. In caso di carcinoma ovarico avanzato si procede invece con la chirurgia radicale ossia si rimuovono entrambe le ovaie, l’utero, l’omento i linfonodi e tutte le zone dove è presente il tumore (spesso anche diverse parti dell’intestino).  

La chirurgia può essere eseguita come primo step oppure dopo alcuni cicli di chemioterapia che hanno lo scopo di ridurre la massa tumorale rendendola più facilmente operabile da parte del chirurgo. 

L’intervento non dà garanzia completa che il tumore non si presenti più quindi è sempre consigliato farlo seguire da cicli di chemioterapia. 

La radioterapia, molto utilizzata in passato, adesso è quasi completamente abbandonata e sostituita dalla chemioterapia per la migliore efficacia terapeutica e i vantaggi maggiori. Solo raramente viene eseguita dopo l’intervento o dopo la chemioterapia su lesioni di dimensione molto piccole. Non va però dimenticato che l’uso delle radiazioni è utile per il trattamento delle metastasi.  

Il carcinoma ovarico è tra i tumori ginecologici uno dei più chemiosensibili pertanto la chemioterapia rappresenta il gold standard per il trattamento del carcinoma ovarico. Tra i farmaci di prima linea maggiormente utilizzati c’è il cisplatino dotato però di elevata tossicità. Un derivato del platino, il carboplatino, ha un’attività analoga a quella del cisplatino ma con tossicità minore.  

Altri chemioterapici di prima linea, usati soprattutto in combinazione con i derivati del platino, sono il paclitaxel, docetaxel, topotecan e l’etoposide. 

Nel caso in cui la paziente non risponde alla terapia di prima linea o ha sviluppato una recidiva, si passa alla chemioterapia di seconda linea. Il trattamento di seconda linea varia a seconda della risposta che la paziente ha avuto con la terapia precedente. Se c’è stata una risposta completa ai farmaci di prima linea a base di derivati del platino, allora, in caso di recidiva, si continua con gli stessi farmaci. Se invece c’è stata solo una risposta parziale ai farmaci di prima linea, in caso di recidiva si può scegliere di cambiare farmaco o ritentare con gli stessi. Infine, in caso di mancata risposta ai farmaci di prima linea, è obbligatoria la scelta di una terapia di seconda linea con farmaci diversi. 

Il topotecan, la doxorubicina, la gemcitabina e l’etoposide sono considerati farmaci attivi nel trattamento di seconda linea. 

La chemioterapia può essere neoadiuvante o adiuvante. La terapia neoadiuvante, ossia prima dell’intervento chirurgico, viene eseguita in caso di neoplasie inoperabili e ha lo scopo di ridurre le dimensioni della massa in modo da poter essere rimossa tramite intervento. La terapia adiuvante invece viene somministrata dopo l’intervento al fine di rimuovere le cellule rimaste. 

Oltre la chemioterapia ci sono le terapie a bersaglio molecolare: per il trattamento del carcinoma ovarico queste terapie sono a base di anticorpi monoclonali e PARP-inibitori. Il bevacizumab è un anticorpo monoclonale che agisce come fattore antiangiogenetico ossia impedisce al tumore di formare nuovi vasi sanguigni e crescere. Nella maggior parte dei casi il bevacizumab viene somministrato contemporaneamente alla chemioterapia e successivamente alla fine di essa. Olaparib, rucaparib e niraparib sono invece PARP-inibitori ossia farmaci che impediscono la riparazione del DNA e provocano morte delle cellule tumorali. Quest’ultimi sono particolarmente indicati per le pazienti che presentano mutazione del gene BRCA. Vengono somministrati dopo la chemioterapia, come mantenimento. 

Raramente i tumori ovarici presentano recettori per gli estrogeni e per il progesterone ossia proteine presenti sulla superficie cellulare in grado di legare questi ormoni. Il legame degli ormoni ai recettori sulle cellule tumorali stimola la cellula a moltiplicarsi; più i recettori sono abbondanti e maggiore sarà la capacità del tumore di crescere. Le pazienti che hanno un tumore ormoneresponsivo possono essere sottoposte a terapia ormonale con inibitori dell’aromatasi che agiscono andando a bloccare la produzione degli ormoni sessuali (letrozolo, anastrozolo, exemestane) e con antiestrogenici che invece agiscono andando a bloccare la loro azione sulle cellule tumorali (tamoxifene).