Modificatori della risposta biologica, vitamine e molecole antiossidante: storia naturale e stato dell’arte nella lotta contro tumori.
Il cancro è una di maggiori problemi sanitari in Italia come in tutto il mondo. In generale incidenza in Italia è simile a quella mondiale, ma la mortalità nell’uomini in Italia eccede quella americana. Questo può essere in relazione più a fattori ambientali, di stile di vita: un esempio è il fumo ( la mortalità per tumore polmonare e bronchiali è superiore al 90%). In Europa la mortalità maschile in Italia è quasi identica alla Germania (197.6 X 100.000).La mortalità femminile italiana di è minore che in Germania e quasi simile in Francia. Il cancro è fondamentalmente i risultato di alterazioni genetiche, siano mutazioni stabili o transitori, che distorgono le informazioni contenute nei geni. Per molto parte la disfunzione non è genetica ma acquisita durante la vita. Meno del 10% dei pazienti con neoplasie hanno predisposizione igiene ed un altro 20 30% hanno una moderata predisposizione. Non c’è dubbio per però che alcune neoplasia sono fortemente associate a predisposizione genetica colla predisposizione c sono quali sempre susseguenti eventi che danneggiano il DNA di una cellula, che comincia il suo percorso verso la malignità. L’alterazione del genere BRCA 1 e 2 aumenta del 70% la probabilità di sviluppo del tumore al seno e allo ovaio, ma a circa 90% dei tumori mammari occorrono senza queste mutazioni. Molti sono stati gli sforzi per riuscire a provare i rimedio per questa malattia. Il primo trattamento contro il carcinoma risale ad un italiano nel 1500 parentesi Antonio Buoniventi di Firenze per e Gabriele Falloppio di Pisa e Padova proposero l’uso di una pasta all’arsenico per il carcinoma; 400 anni dopo la FDA Ha provato l’uso dell’arsenico come trattamento interno per il carcinoma gastrico). Attualmente i presidi terapeutici quali la chirurgia la chemio e radio terapia svolgono un ruolo determinante nella lotta contro la neoplasia esistono nel campo della ricerca e non sono una categoria chiamata modificatori della risposta biologica (BRM in breve). Questi sono agenti designati a modulare i meccanismi di difesa del nostro corpo contro la malattia, in questo caso contro il cancro.
Il cancro è un processo che comporta più stadi e più cause: in questo processo l’esposizione a fattori esterni ed interni agisce prima che la malattia venga identificata sul piano clinico. La maggior parte di neoplasia dipende da due o tre fattori eziologici i quali reagiscono in sequenza o simultaneamente. Si intende cancerogene di quelle serie di eventi, innescata dallo uno degli agenti cancerogeni, che porta alla trasformazione delle cellule normali in cellule tumorali, il cui connotato primo e unico è la proliferazione incontrollata, inarrestabile. Esistano nella cancerogenesi fasi ben distinte la prima è l’iniziazione, un passaggio rapido e senza ritorno, dovuto ad alterazioni profonde indotte dal carcinogeno sulla struttura del DNA cellulare. La seconda è la promozione sostenuta da una sostanza non cancerogena; è un processo lungo, ripetitivo, reversibile, influenzato da fattori ambientali e capace di rendere manifesto l’evento biologico ottenuto con la fase di iniziazione Alla promozione segue la progressione tumorale. In questa fase le cellule acquisiscono i loro caratteri biologici peculiari, la capacità di sviluppare metastasi. L’aumento del numero (iperplasia), la variazione di forma e dimensioni o organizzazione (displasia) sono le fasi della progressione tumorale. Questi possono durare anche molti anni, regredire od evolvere in lesioni maligne. Si può affermare quindi che oltre i due terzi di tutti i tumori sono probabilmente causati da fattori ambientali questi comprendono tutti gli agenti fisici chimici a cui siamo esposti, senza escludere la composizione della dieta e gli abitudini di vita, il luogo di lavoro e quello in cui abitiamo.. Molteplici evidenze sperimentali hanno confermato che il tumore umano rappresenta la tappa conclusiva di un lungo processo polifasico che inizia come causa principale da alterazioni del genoma a livello dell’espressione o funzioni dei geni deputati al controllo della crescita e della differenziazione cellulare. Gli studi degli ultimi 20 anni stanno di indicare che l’attivazione degli oncogeni cellulari (proto oncogeni) rappresenti uno dei passaggi più importanti della cancerogene. I proto-oncogeni sono geni coinvolti nel normale controllo della proliferazione e differenziazione cellulare, capaci di contribuire all’induzione o progressione tumorale quando la struttura e o funzione siano alterate. Il loro prodotto è rappresentato da proteine altamente eterogenee che esplicano la loro funzione in punti critici del metabolismo, controllo proliferativo e differenziazione cellulare. Possiamo includere: fattori di crescita (sia induzione che mantenimento della crescita cellulare); recettori per fattore di crescita, trasduttore in di segnale a livello citoplasmatico (dalla superficie cellulare al nucleo); proteine nucleari (rappresentati da fattori trasfusionali che regolano l’espressione di altri geni); proteine con funzioni varie (regolazione dell’apoptosi, proteine di membrana o proteine a funzione ignota). Per quanto riguarda l’attivazione possiamo include: amplificazione (aumento dell’attività), mutazione puntiforme (sostituzione di codoni), traslocazione cromosomica (allontanamento delle normali strutture controllo, posizionamento su altri controlli, funzione con produzione di proteine nuove).
I tumori umani possono svilupparsi non solo in seguito all’attivazione di geni che promuovono la crescita cellulare, ma anche come conseguenza della perdita o in attivazione di geni la cui funzione normale è quella di inibire la proliferazione delle cellule. Il concetto di gene oncosoppressore include tutti quei geni che nei tumori umani vanno incontro ad in attivazione biallelica e conseguenza perdita della funzione fisiologica. L’inattivazione biallelica avviene più comunemente per mutazione inattivante di un allele e delezione dell’altro allele, o per mutazione di entrambi gli alleli o per delezione omozigote del gene.
I geni oncosoppressori sono eterogenei per struttura e funzioni: fattori trascrizionali che regolano negativamente la progressione attraverso il ciclo cellulare (es. p53, p15,p16,RB1),recettori di membrana, trasduttori del segnale dal citoplasma al nucleo; tirosin fosfatasi; molecole che interagiscono con strutture citoscheletriche (tipo APC); molecole che con meccanismo diretto o indiretto, sovraintendono alla corretta replicazione del DNA (p53, i cosiddetti DNA mismach repair genes, MSH2,MLH1), BRCA1,BRCA2. Altri geni oncosoppressori (tipo FHT) la precise funzione non è del tutto chiarita. Nell’ambito dei tumori sporadici, l’inattivazione di p53 rappresenta una delle più frequenti lesioni genetiche fino ad ora riscontrate. P 53 è una proteina che funge da chek-point del ciclo cellulare. Nel caso di danno al DNA si induce un accumulo di p 53 con iper espressione di fattori in grado di inibire la progressione del ciclo cellulare. Ne consegue o la riparazione del danno o l’apoptosi della cellula. L’inattivazione di p53 abroga questo meccanismo di controllo e permette l’espansione di cellule recanti un DNA danneggiato. L’inattivazione più frequente di p53 comprende due eventi che avvengono in successione cronologica: da un lato delezione di un allele del cromosoma 17p13 dall’altro una mutazione puntiforme nella sequenza codificante del gene (hot spots mutazionali) corrispondenti a regioni delle proteine essenziali per la normale fisiologia. Oltre alla delezione si possono avere inattivazioni legate a formazioni complessate: con virus (tipo Hpv, papilloma virus come nei carcinoma della cervice uterina) o con amplificazione di protooncogeni tipo MDM 2 (in alcuni sarcomi). Altri esempi di geni oncosoppressori riguardano RB1, nel retinoblastoma sporadico, APC e DCC nel colon, DPCG nel pancreas. Considerando la funzione dei geni si può comprendere che la progressione tumorale avviene quando una serie di alterazioni e non una singola alterazione genetica, si presentano (multistep carcinogenesis degli anglosassoni). Ciò è stato confermato da numerose osservazioni sperimentali. Nella carcinogenesi chimica è stato dimostrato la necessità di almeno due stimoli cancerogeni (agenti inizianti e promoventi). Lo sviluppo di cloni neoplastici in animali transgenici avviene per accumulo di lesioni genetiche addizionali. Analisi molecolari di tumori spontanei contengono generalmente molteplici lesioni genetiche che coinvolgono sia oncogeni dominanti che geni oncosoppressori. Si può dedurre che alcuni tumori umani sarebbero inizialmente causati dall’instabilità genetica propria dei tumori. Si era ipotizzato nei tumori umani la presenza di un gene che regolari la stabilità genomica. Questa ipotesi è stata validata nel caso di tumori che presentano lesione del DNA mismach repair genes. È interessante notare che i difetti dei protoncogeni non sono congeniti. Lo sviluppo di questi danni occorre dopo la nascita. Di converso esiste un legame genetico tra molti geni soppressori come la p53. Così uno solo difetto non causa neoplasia. Per inattivare permanentemente il gene p 53 è richiesto un danno abbastanza importante del DNA. Sono stati trovati prodotti che possono re-esprimere la p53.
Molto lavoro è centrato nell’aumentare l’abilità del sistema immunitario nell’identificare e distruggere le cellule neoplastiche. Una parola chiave nel concetto di BRM’s concerne l’abilità del sistema immunitario nel rispondere agli antigeni. Ciò è riferito come immunogenicità. Nell’impiego di BMR contro il cancro la sfida è stata che molti tumori umani esibiscono una alta antigenicità ma bassa immunogenicità, particolarmente dovuta alla loro abilità nell’ eludere la scoperta. Esistono molti antigeni tumorali quasi specifici dei tumori: MAGE, RAGE, GAGE. Altri antigeni come tirosinochinasi, melanic-A/mant-1; altri antigeni riconosciuti da T-citotossici: P-mel-117, TRP-1 e TRP-2; altri attraverso il sistema di istocompatibilità: con mutaziomne della caspasi 8 con diminuzione di apoptosi; o del recettore Her2/neu.
I tumori si sottraggono al controllo: A- per la mancanza di antigeni cellulari (semplificazione antigenica); B- risposta immunitaria debole per una maggiore rapidità di moltiplicazione rispetto alle cellule immunocompetenti (difetto quantitativo);C- fattori sierobloccante prodotti anche da linfociti T suppressor.
Possiamo visualizzare, semplificando, che il sistema immunitario ha due maggiori componenti: unità cellulo-mediante ed immunità umorale (anticorpi).
La immunità cellulo-mediata è il termine usato per descrivere qualsiasi risposta immunitaria in cui fagociti e cellule citotossiche giocano il ruolo maggiore. Le cellule di prima importanza sono: macrofagi, T cell (helper, citotossiche e suppressor), natural killer. Queste cellule nel sistema immunitario cellulo-mediato dipendono da segnali per comunicare fra loro in ordine alla preparazione di un aggressivo ed orchestrato attacco. Questi segnali sono trasmessi usando citochine, linfochine ed interferoni ed altri messaggeri chimici. Un numero di prodotti naturale possono regolare la produzione di particolari messaggeri che potrebbero essere importanti come vedremo in seguito. L’immunità cellulo-mediata è il componente del sistema immunitario più importante responsabile della distruzione di cellule infettate le cellule tumorali. Non dipende dall’attività anticorpali. Macrofagi e natural killer solo di particolare importanza, non richiedono antigeni da riconoscere e distruggono le cellule cancerose. I macrofagi presentano gli antigeni ai linfociti T helper per mezzo delle complesso maggiore di istocompatibilità. Questo attiva i linfociti T che attivano inoltre i linfociti T citotossici e delle cellule natural killer formando una robusta risposta immunitaria.
Il complesso di istocompatibilità è presente sulla superficie di tutte le nostre cellule. Sulla superficie delle cellule il complesso di istocompatibilità esprimerà non solo le proprie caratteristiche, ma anche parti di virus o proteine anomali, come possono essere trovate nelle cellule neoplastiche. Le cellule T citotossiche (CD8) possono riconoscere antigeni in questo contesto se sono state esposte preventivamente ad antigeni particolari. In questo caso inizierà ad inviare segnali (citochine, linfochine) al resto del sistema immunitario. Se un macrofago viene a contatto con una cellula infettata, da virus o da altri agenti patogeni, piccole parti specifiche dell’agente infettante saranno disposte sulla superficie macrofagica con informazioni riguardanti l’ospite. In questo caso il materiale presente è riferito come complesso di istocompatibilità II. I linfociti T helper possono solo rispondere al complesso di istocompatibilità II; in altre parole, l’antigene deve essere ingerito da macrofagi, rappresentato sulla superficie e poi letto dalle T cell helper. Così queste iniziano ad attivare altri componenti del sistema immunitario. Una delle principali linfochine secrete dalle T cell helpe. è l’interleuchina 2 (IL-2). È importante comprendere il ruolo del complesso di istocompatibilità perché difetti nella via del complesso permettono a molti tumori di non essere scoperti. Il ruolo dei modificatori del risposta biologica (BRM’s) è di aiutare il sistema immunitario a riconoscere cellule che sono diventate cancerose. Come abbiamo visto alcuni prodotti delle T cellule helper sono estremamente importante nell’attivare il sistema immunitario. Questi prodotti sono le citochine.
Il termine citochine si riferisce ad una più vasta sede di componenti proteiche prodotte dalle cellule in risposta ad una varietà di stimoli inducenti.
Tutte le citochine condividono, dal punto di vista molecolare, la caratteristica comune di essere piccoli fattori proteici in alcuni casi modificati da residui carboidratici (glicoproteine). In generale si può ritenere come valido il concetto generale che l’azione delle citochine è quella di un componente che agisce su recettori definiti presenti sulle cellule bersaglio e attiva una serie di modificazioni funzionali che possano essere principalmente: a -mediazione della risposta immunitaria naturale o/e specifica tramite produzione di altre citochine. O di altri integratori e regolazione della molecola di membrana (recettori); b-azione sulla crescita ed il differenzia mento cellulare; c-azione sulla espressione e la sintesi proteica di alcuni fattori. Per quanto riguarda la classificazione si possono delineare alcune classico o raggruppamenti di citochine sulla base delle loro funzioni e del loro ruolo. Una prima distensione prevede il raggruppamento delle citochine in fattore di crescita, linfochine, fattori stimolanti le colonie, fattori di crescita trasformanti, fattori di necrosi tumorale ed interferone. Le caseificazione assumo un semplice significato digastrico in quanto la maggior parte delle citochine ha un notevole pleiotropismo di bersagli e pertanto il ruolo di una citochine di un gruppo può spesso sovrapporsi a quello di una seconda citochine di un’altro raggruppamento. Si può così disegnare un quadro generale della funzione delle citochine prendendo in esame le loro attività come:
-Agenti capaci di promuovere la crescita, la proliferazione ed il differenza mento cellulare (fattori di crescita);
-Agenti capaci di instaurare reti di comunicazione nel sistema immunitario (linfochine ed interleukine);
-Agenti coinvolti nelle reazioni infiammatorie ( chemochine, linfochine).
Uno dei ruoli più significativi sarà quello di promuove e controllare la crescita, la proliferazione ed il differenziamento cellulare (growth factors).Molte di queste componenti agiscono sulle cellule di origine ectodermica, sulle cellule epiteliali e su cellule di origine mesodermica. Il rappresentante più noto è il fattore di crescita epidermico (EGF). Questa famiglia include diversi antigeni, tra cui il fattore di crescita trasforma ante alfa (TGF-alfa).Come l’egf anche il tg f-alfa è un potente fattore è angiogenico ed inoltre è uno stimolatore della migrazione dei cheratinociti. Diversi fattori di crescita presentano anche proprietà pan-angiogeniche cioè di crescita cellulare dei vasi sanguigni, proprietà che sono appannaggio di una actina recentemente caratterizzata da linee tumorali umane di adenocarcinoma al colon, la angiogenina umana. Nell’ambito dei fattori di crescita significativi appaiono due categorie di citochine: fattori di crescita dei fibroblasti e i fattori di crescita delle colonie emopoietiche. È ormai accertato che esiste uno stretto collegamento tra il sistema immunitario e l’attività ematopoietica. I CFS Sono un gruppo di citochine che possiedono la capacità di stimolare la formazione di colonie di cellule progenitrici ematopoietiche. Il loro ruolo è quello di stimolare la proliferazione e la funzione delle linee di granulo cito/monocitica e macrofagiche. Sia l’una e l’altra citochina stimolano la proliferazione di colonie immature e di neutrofili, monociti/macrofagi ed eosinofili ma anche quella dei progenitori della linea eritroide e dei megacariociti. La citochina viene espressa come interleukina 3, dai linfociti T ma anche dai fibroblasti e dalle cellule endoteliali del midollo osseo la citochina M-CSF viene prodotta anche dai fibroblasti. Attualmente si riconosce una ulteriore patito china è ematopoietico, il fattore di crescita delle cellule staminali detto anche fattore di Steel.
Il ruolo assunto dalle citochine come fattori di crescita, per proliferazione cellulare per differenzia- mento è una caratteristica abbastanza comune dalla maggioranza di questi fattori. Si tratta di una proprietà più consente a queste molecole di controllare la fisiologia cellulare in un modo che ricorda molto da vicino a quello assunto dai classici ormoni peptidica. Da questo punto di vista si tratta di una funzione molto delicata e perciò spesso vulnerabile dalla patologia: una eccessiva produzione o una abnorme struttura molecolare delle citochine può rappresentare un elemento. Fatto genetico fondamentale nello sviluppo delle neoplasie, come è dimostrato dal fatto che i geni codificaanti per molte citochine si comportano da oncogeni quando affetti da mutazioni. Molte citochine sono definite nel ruolo strategico della risposta immunitaria. Non è appropriato fare una reale distinzione fra le citochine poiché molte mediano la risposta immunitaria specifica (anticorpo dipendente) a quella a specifica (fagociti) ed inoltre popolazioni cellulari coinvolte primariamente nei fenomeni di immunità naturale ed infiammatoria (granulociti) producono citochine importanti nel reclutamento e nella comunicazione con i linfociti b e t. Si possono ritenere citochine classiche quelle prodotte dal sistema immunitario e definite interleukina. Questo termine è attribuito ad un gruppo di almeno 15 molecole notte che hanno il compito di mediattori delle risposta immunitaria naturale e/o specifica. La funzione stessa di queste cicatrici costituisce un network di interazioni nella quale medesime citochine agiscono sul più cellule bersaglio. L’interleukina 1, agente della febbre, è una delle citochine più notte ed importante. La produzione di interleukina 1 può essere influenzata da diversi fattori, come ad esempio le prostaglandine e le prostacicline. fu ed è determinata in seguito ad una infezione o a danno cellulare. Le funzioni di interleukina 1 sono molteplici la principale che è quella di mediare la risposta infiammatoria dell’ospite e nell’immunità naturale. Induce la sintesi degli fattori di necrosi tumorale e di interleukina 6, attiva le cellule t facendo esprimere di in questi di linfociti p recettore per interleukina 2 inducendo nel contempo anche la produzione di interleukina 2.Inoltre interleukina 1 agisce sulla cellule natural killer, come la interleukina 2 interleukina 12 p e interleukina 15, che e contribuisce con queste ultime citochine all’attività tumoricida. Mentre il interleukina 1 assume il ruolo di citochine chiavi nella risposta infiammatoria l’interleukina 2 assume più un ruolo importantissimo nella risposta immunitaria cellulo mediata. Di interleukina 2 PIN sintetizzata che secreto primariamente dai linfociti T helper dopo attivazione da parte di a p g o mitogeni. Fondamentalmente l’interleukina da due si può considerare un fattore di crescita dei linfociti t la sua azione influenza altre cellule come i neutrofili e di macrofagi, più agisce probabilmente come neuro modulatore, come fattori di crescita delle cellule glali, stimola l’attività delle cellule natural killer attivate (LAK)e delle cellule TIL (linfociti infiltrati nei tumori).
Anche l’interleukina 3 viene prodotta dai linfociti t attivati la sua funzione però è proprio quella di un fattore emo poietico come le citochine c os f, e di collegamenti tra il sistema immunitario maturo e la emopoiesi. Interleukina 4 e l’interleukina 5 sono due citochine per che inducono la proliferazione dei linfociti b. Interleukina 4 prodotta dai linfociti t attivati, attiva i linfociti b aumentando l’espressione degli antigeni di vista compatibilità di classe 2, incrementa il potenziale cito litico dei linfociti t c d 8 e delle cellule LAK, funzionante in concerto con interleukina 2. La maggior parte delle interloquire a quindi un ruolo nella crescita della proliferazione linfocitaria e nel reclutamento dei leucociti dell’immunità naturale. L’interleukina 7 è prodotta dalle cellule stromali del midollo e dei un potente fattore di crescita per i linfociti t e per i timociti. Anche l’interleukina 6 a un ruolo come fattore stimolatori o nei confronti dei linfociti b. La funzione però dell’interleukina sei è molteplici in quanto agisce sui linfociti t stimolandone la produzione di interleukina 2, incrementa il differenzia aumento dei linfociti p citotossici in presenza di i interleukina 2 o interferone gamma. L’interleukina 6 è una vera citochina pleiotropica prodotta da diversi tipi di cellule (fibroblasti, per epatociti, astrociti, cellule dell’endotelio vascolare, pur osteoblasti, peraltro vari carcinomi e sarcomi). Di interleukina 8 PET il rappresentante più noto delle chemochine, in quanto induce la chemio tassi e rilascio di granuli dei neutrofili. L’interleukina 9 viene prodotta dalle stesse linee cellulari che producono l’interleukina 4 e interleukina 5 cioè a linfociti c di 4.Anche l’interleukina e 10 è prodotta dai linfociti c D4 ma a differenza delle interlinee viste finora sembra che abbia una attività immuno su oppressiva sulla proliferazione e sulla produzione di citochine dei linfociti t, ed inibendo i macrofagi a presentare l’antigene ai linfociti. Essa può sopprimere per la produzione di numerose citochine pro infiammatorio, incluso il tumor necrosis factor, interleukina 1 interleukina 6 interleukina 8 eccetera. L’interleukina 11 PET è stata evidenziata come fattori di crescita simile alla interleukina 3, capace di regolare la crescita ed il differenzia mento delle linee ematopoietiche. L’interleukina 12 assume un ruolo simile all’interleukina 2. Questa e interleukina nota come fattore di stimolazione delle cellule natural killer, dei linfociti t, contribuisce all’attivazione dei macrofagi tramite la sintesi di interferone. L’interleukina 13 viene prodotta dai linfociti t ma induce la crescita ed ili differenza mento cellulare dei linfociti b. Anche l’interleukina 14 viene prodotta dai linfociti t ma essa sembra che in duca la proliferazione solo dei linfociti b attivati.
Fra le chemochine notevole importanza assumono i fattori di necrosi tumorale e gli interferone. La loro importanza si rivela in due circostanze:
1-azione contro le infezioni (principalmente di tipo batterico per i PNEF e di tipo virale per gli interferoni.
2-azione contro i tumori. L’immunità naturale si avvale dell’azione dell’interleukina 1 e dei TNF oltre all’azione in concerto di altre citochine. Come l’interleukina 1 anche i TNF sono alla base delle reazioni febbrili. A piccole concentrazioni quest’ultimo svolge funzioni essenziali nella risposta immune naturale: attiva i monociti ed in macrofagi in sinergia con interferone, induce la differenziazione di queste cellule proteggendole dall’apoptosi. Aumenta la risposta dei linfociti t attivati all’interleukina 2 e la produzione di interleukina 2.Inoltre agisce sulle cellule endoteliali, sui fibroblasti, sulla cartilagine e tessuto osseo. Ad alte dosi induce febbre, sonnolenza produzione di ACTH. I TNF sono noti anche come fattori di necrosi di alcune neoplasie da cui appunto viene tratto il nome. Il TNF alfa detto anche cachessina e il beta detto anche linfo tossine possono agire sul tumore in tre modi:
A-per citotossicità diretta;
B-modulando l endotelio che circonda il tumore;
C-stimolando la risposta dell’ ospite al tumore.
L’attività citotossica dirette si esplica attraverso l’ attivazione di fosforilasi, induzione di proteasi e probabilmente una danno alle DNA, p ed è potenziata dall’ interferone alfa e l’ interferone gamma. L’ azione indiretta si esplica giocando la flusso di sangue dalle cellule tumorali, stimolando la cito tossicità dei macrofagi, stimolando la produzione di anticorpi tumore specifici. L’ azione dei t n e f è in concerto con quella degli interferone. Si tratta di un gruppo di citochine che inducono una risposta p piccanti virale peri partecipano alla regressione e necrosi dei tumori. Come agenti antivirali di interferone sono potenti segni. La loro azione antivirale è legata a diverse azioni: stimolazione della sintesi di sintetasi 3 attivano delle endoribonucleasi, attivazione di protein chinasi, alla produzione di GTPasi ad azione antivirale. L’ interferone gamma ha invece un ruolo proprio come citochine: a attività immuno moderatrice aumentando la produzione di interleukina 1 e di H2O2.
Per quanto riguarda il ruolo biologico delle citochine dovremo prendere in esame ed i vari gruppi che abbiamo delineato. Emerge una caratteristica di questi fattori che quella di costituire una rete di interazioni per la cui comprensione sarebbe necessario disporre più di un quadro sintetico che di una esame a fuoco su ogni singola citochine. Il pleiotropismo di funzioni può correlarsi come elemento di connessioni tra sistemi distinti. Le citochine interagiscono una null’altro in una varietà di rete in vivo. Le citochine possono stimolare o inibire la sintesi che la secrezione di altre citochine, sia in modo diretto sia modificando la risposta della cellula ad altri agenti inducenti. Molte delle attività sovrapposte derivano dall’impiego di recettori in comune o dai simili percorsi di trasduzione del segnale recettoriale. Lo spettro di effetti provocato da una singola citochine può dipendere sia dalla natura che dallo stato funzionale della cellula bersaglio. Una stessa citochina in più può avere attività inibitorie ne confronti di certi tipi cellulari ed attività stimolatoria nei confronti di altri. È in caso ad esempio del anti-EGFR è un inibitore della crescita di cellule epiteliali, endoteliali ed ematopoietico ma è un mitogeno (attivatore della crescita) per alcuni tipi cellulari di origine mesenchimale.
La proliferazione è una trasformazione cellulare, anche nelle problematiche dei tumori, rappresenta uno dei molteplici quadri nel complesso mosaico di azioni svolte dalle citochine come fattori di crescita. Come molecole in grado di costituire una rete di relazioni biologiche con diversi tessuti, le citochine possono essere implicate nel complessi fenomeni della patogenesi e nella regressione immunologica del cancro. Si rivela importante la ricerca sorgenti che codificano per la risposta alle citochine da parte delle cellule target. Alcuni fattori sono stati collegati con della problematica dei tumori per la loro attività anche tumorale o proliferative. Fra gli interferoni in particolare l’interferone alfa, assumono un ruolo nella cito tossicità cellulare. La loro azione incrementa l’attività citotossica di macrofagi, neutrofili, linfociti T 8, e cellule NK. Questo aspetto è interessante per quanto concerne la regressione di neoplasia in quanto l’azione del sistema immunitario contro i tumori che coinvolge una attività citotossica leucocitaria nei confronti delle cellule cancerogene. I meccanismi della azione anti tumorali degli Interferoni possono riguardare:
-la regolazione diretta delle cellule tumorali (inibizione di proteine proliferative o trasformate, per induzione della differenziazine, inibizione della produzione di fattori di crescita autocrini, diminuzione della regolazione dei recettori per fattori di crescita);
-l’avvio o l’incremento della risposta immune contro i tumori;-
la perturbazione dei rapporti metabolici del tumore con ospite.
Il fattore di necrosi tumorale alfa o tipo beta sono citochine molto indagate nell’ambito delle neoplasie. Perchè essi mediano nei fenomeni legati alla lisi cellulare e probabilmente alla fosforilasi cellulare, inducendo la sintesi di proteasi p e forse quella di alcune endonucleasi per danneggiare i DNA delle cellule neoplastiche. L’attività antitumorali dei fattori di necrosi si esplica in collaborazione con il sistema immunitario dell’ospite; essa può essere diretta o indiretta.
L’utilizzo pratico di questi fattori nella terapia presenta alcuni problemi. Resta aperto il problema delle dosi di citochine, delle modalità e delle vie di somministrazione; proprio per la molteplicità di azioni di questi fattori una piena comprensione e sicurezza sulla azione terapeutica si potrà avere quando il quadro fisiologico del ruolo delle citochine venga completato. La letteratura clinica ha presentato alcuni casi felici di regressione di forme neoplastiche e di guarigione in diversi individui, presentando una variabilità dell’espressione dei tumori, del tipo dei tumori, della possibilità di effetti secondari all’assunzione di citochine, dalla dose ottimale di citochine nella somministrazione. Una speranza recente è offerta dall’interleukina 2 e dalle interleukina 12 come citochine capaci di attivare il sistema n k/l a k. Buoni risultati si sono verificati anche nell’uomo ma resta aperto il problema del controllo degli effetti dell’interleukina 2, sulla risposta dei linfociti e della tossicità dell’interleukina 2.Una ipotesi potrebbe essere quella di associare frazione di alcune citochine con quella di chemioterapici. Si stanno tentando molte strade tra cui la re-direzione artificiale di linfociti T citotossici contro le cellule cancerogene utilizzando anticorpi a specificità bivalente.